Il linfedema (gonfiore dell’arto per alterazioni delle vie linfatiche) post-mastectomia è una malattia cronica e progressiva dovuta all’accumulo della linfa nei tessuti molli del braccio, dell’avambraccio e talora anche del dorso della mano e delle dita, a seguito dei trattamenti per il tumore della mammella, con aumento progressivo delle dimensioni di tutto l’arto.
Il rischio di sviluppare il linfedema del braccio dopo il trattamento del tumore della mammella varia tra il 10 ed il 40% delle pazienti in base al tipo di chirurgia che è stata eseguita sui linfonodi e alla radioterapia. Il ristagno (la stasi) della linfa che causa il gonfiore del braccio, ed è dovuta principalmente all’asportazione dei linfonodi, provoca un’infiammazione cronica che stimola la fibrosi dei tessuti. Questo porta, con il passare del tempo, all’indurimento dei tessuti e all’aumento del tessuto adiposo.
I vasi linfatici che non riescono a drenare la linfa per la mancanza dei linfonodi, vanno incontro prima a dilatazione e poi a fibrosi con ulteriore alterazione della loro funzione, e questo crea un circolo vizioso che porta al peggioramento di questa malattia. Il linfedema del braccio può iniziare da alcuni mesi a qualche anno dopo il trattamento del tumore della mammella. All’inizio si nota una pesantezza del braccio e qualche fastidio con minimo gonfiore, poi il gonfiore diventa più evidente e stabile, ed il braccio non tende più a sgonfiarsi come prima. È presente il segno della “fovea” (impronta dei tessuti quando vengono premuti con il dito). Infine, l’arto superiore, specie se non trattato, può diventare molto voluminoso.
E’ importante trattare subito questa malattia, dunque la paziente deve iniziare i trattamenti fisici decongestionanti all’insorgenza di primi sintomi, rivolgendosi ad un fisioterapista esperto nel trattamento del linfedema.
Per questo è fondamentale che la paziente che ha asportato il tumore della mammella ed i linfonodi dell’ascella, e magari ha poi eseguito la radioterapia, sia al corrente della possibile insorgenza del linfedema. Questa conoscenza, infatti, le permette di non sottovalutare i primi segnali di questa malattia e di rivolgersi rapidamente agli specialisti.
Il trattamento è possibilmente multidisciplinare, per attenuare sia i sintomi che la progressione del linfedema. Il chirurgo plastico lavora in collaborazione con il fisioterapista per aiutare il drenaggio linfatico del braccio con interventi di microchirurgia.
Lo scopo della terapia microchirurgica è di creare delle vie di drenaggio della linfa abboccando i canali linfatici superficiali alle piccole vene circostanti con dei piccoli by-pass (anastomosi linfatico-venose) eseguiti in più punti nel braccio, in particolar modo in prossimità del punto di blocco dei canali (collettori) linfatici funzionanti. È una terapia mininvasiva perché le incisioni cutanee sono di 1-2cm e le minianastomosi si eseguono nei tessuti superficiali, ovvero nel grasso del braccio, per cui risulta poco invasiva per la paziente. A livello tecnico richiede invece strumenti sofisticati ed innovativi, ed una tecnica chirurgica molto accurata, denominata supermicrochirurgia poiché si opera sui vasi di diametro inferiore al millimetro. Qualora la malattia sia abbastanza avanzata e non sia possibile ritrovare nel braccio dei canali linfatici funzionanti, la terapia microchirurgica può trapiantare nell’ascella i linfonodi prelevati da un’altra sede corporea (di solito dall’inguine).
Il trapianto di linfonodi è molto diverso dalle anastomosi linfatico-venose, in quanto non c’è un bypass diretto ma i linfonodi trasferiti sono uno stimolo alla formazione di nuovi vasi linfatici che colleghino i linfonodi trapiantati con i vasi dell’arto con il linfedema, oppure possono funzionare da “pompa” linfatica assorbendo la linfa e indirizzandola verso il circolo venoso. I linfonodi inguinali possono essere trasferiti da soli oppure insieme al lembo di addome per la ricostruzione totale della mammella (lembo DIEP).